La
crisi peggiora perché non c’è accordo sulle soluzioni
Di
Carlo Pelanda
Caro
Esarcato, nel leggere
a fondo, e tra le righe, i documenti relativi al vertice dei G7 a Tokyo,
dedicato alla crisi finanziaria/recessiva globale, ho ricavato una sensazione inquietante.
O c’è qualcosa che non si può dire oppure non sanno
che pesci pigliare, o forse un po’ tutte e due le cose.
Ricapitoliamo.
L’insolvenza dei mutui americani non garantiti (subprime) dalla fine del 2006 ha innescato una crisi
di fiducia, esplosa nell’estate del 2007, che ha contagiato tutto il sistema
finanziario, creato perdite enormi nei bilanci delle banche ed una caduta delle
Borse. Questo è un problema. L’altro è che in America il debito privato (i
conti in rosso della gente) combinato con l’aumento dei costi energetici ed
alimentari ha limitato i consumi ed aperto uno scenario recessivo “locale” con
impatto globale. I due problemi sono diversi, ambedue
mordono anche l’Europa, ma si intrecciano nel creare
un clima di pessimismo economico che a sua volta aumenta la spirale recessiva
reale. Nell’autunno ed inverno del 2007 le Banche centrali hanno evitato la
crisi di liquidità – infatti non c’è restrizione del
credito - e quella americana, in
congiunzione con il governo, ha reagito velocemente alla crisi tentando manovre
espansive. In gennaio l’insieme dei dati correnti faceva ipotizzare una
recessione media e breve in America, una stagnazione un po’ più lunga nella
meno reattiva Europa, comunque una tenuta del
commercio mondiale e l’esaurimento della crisi finanziaria. In sintesi, si
poteva prevedere che nel 2009 la crescita si sarebbe rimessa in moto (in Europa
nel 2010). E scrissi tale scenario su queste pagine in
occasione del rituale oroscopo economico per il 2008. Ma
le cose non stanno andando così. Ora, in febbraio, si teme che la crisi
finanziaria non sia finita, che la recessione americana sarà pesante e
prolungata, quella europea pure. Infatti
nel comunicato del G7 traspare questa preoccupazione, ma senza precisare quale
sia la vera causa del peggioramento previsto e senza indicazioni sul cosa fare
per gestirlo. Cosa sa quella gente che non c’è ancora
nei dati? Che le perdite delle banche non sono ancora
emerse del tutto, particolarmente in Europa? Che la crisi di insolvenza
delle famiglie americane ed europee è molto più ampia? Che non si sa se quasi
tremila miliardi
(3 trilioni) di euro equivalenti in termini di debito privato, trasformato in
prodotti finanziari a circolazione globale, verrà ripagato dalle famiglie
sempre più in rosso? Sono queste le mine che stanno per scoppiare e rendere
peggiore del previsto la crisi? Non lo so. Ma se fosse così lo scoppio potrebbe e dovrebbe essere moderato da operazioni
urgenti di ricapitalizzazione delle famiglie (detassazione) e di salvataggio delle
banche nonché di riduzione dei tassi, coordinate a livello mondiale. Se non le
fanno vuol dire che non è così - ma perché allora
annunciano peggioramenti? - oppure che lo è, ma non c’è
accordo internazionale sulle soluzioni coordinate, o che i dati sono così
incerti che non sanno che pesci, appunto, pigliare. Ma
se vi fosse tale incertezza perché allora emettere previsioni pessimistiche?
Forse per mettere le mani avanti e non farsi imputare dopo? Non riesco a
capire, ma qualcosa di strano sta succedendo nel luogo di governo dell’economia
globale. La mia sensazione? Non riescono a mettersi
d’accordo sulle soluzioni, in particolare europei ed
americani, e per questo il problema viene detto, ma non precisato, ed i governi
e banche centrali danno l’impressione di non saper cosa fare. Cioè che la crisi è più (geo)politica che economica. Ma non è una buona notizia, spero di poterne dare una
migliore tra breve.
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